Persone senz'ombra?

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc


Quello che accade nell’esperienza virtuale, che oggi pare la principale parte dell’esperienza vissuta soprattutto dai giovani e dagli adolescenti, è allo stesso tempo problematico e tale da invocare un’attenzione che continua a non esserci. Da tempo ci sarebbe la necessità di educare all’uso appropriato dei social media ma anche a livello locale non c’è sensibilità sul tema. E non bastano neppure eventi tragici come i suicidi a far sollevare lo sguardo dagli schermi per cercare di capire. O eventi come quello che ha riguardato il compianto Umberto Eco, manipolato in un’immagine quando non può più intervenire e difendersi. La vita, la morte e l’intimità dell’individuazione sono manipolate fino ai fondamenti e non ci svegliamo; non solleviamo lo sguardo dai nostri schermi. A pensarci bene è probabilmente il mito della trasparenza, il mito di essere costantemente in connessione e, quindi, senz’ombra, a tenerci attaccati come principianti e dipendenti agli schermi. Una specie di arte di costruire paesaggi destinati a svanire immediatamente, che però lasciano tracce in noi in termini di alienazione e di astrattezza dalla vita relazionale. Eppure l’ombra, l’incertezza e gli interstizi relazionali sono una delle fonti più importanti del senso e del significato della vita. Come mostra in modo chiaro e profondo Simone Casalini nell’editoriale che conclude l’importante inchiesta del Corriere del Trentino sui quartieri della città di Trento, dalle maglie reali delle relazioni situate nei luoghi nasce e può nascere il legame sociale e la sua continua definizione e ridefinizione. E l’ombra, che è sodale della luce e fonte della sua evidenza, non può essere annullata senza neutralizzare anche la luce e il suo valore. L’ossessione della trasparenza e del cosiddetto tempo reale è una delle problematiche più gravi degli effetti dei social media. Noi dobbiamo la nostra capacità e la nostra possibilità al tempo e allo spazio che ci diamo per riflettere e il pensiero e il senso del possibile nascono da lì. Allora davvero non si capisce perché non stiamo facendo quasi nulla su almeno due fronti: educare e aumentare le nostre menti all’uso delle tecnologie della comunicazione; agire per influenzare decisioni nazionali e internazionali per il governo degli strumenti tecnologici della comunicazione. Sul primo fronte, a pensarci, mentre ci educhiamo persino a guidare l’automobile, non riusciamo a investire per diventare capaci di non subire gli strumenti del comunicare e la loro pervasiva influenza. Sul secondo fronte l’azione politica dovrebbe impegnarsi a creare le condizioni perché realtà multinazionali come i gestori dei social media si dispongano a moderare i contenuti che pubblicano e lasciano circolare. Non esiste libertà senza condizioni e l’arbitrio incontrollato è molto pericoloso.