Le tre vergogne

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


immagineLe nostre storie, quelle che scriviamo con le nostre azioni e le nostre scelte individuali e collettive, ci imbastiscono e fanno di noi quello che effettivamente siamo e riusciamo ad essere. La narrazione non è solo una descrizione del mondo ma crea il mondo e la conoscenza del mondo. Il racconto che il governo trentino sta scrivendo sulla doppia preferenza di genere, sul contrasto all’omofobia e sul garante dei diritti delle persone private della libertà personale è un brutto capitolo di una storia che costa e costerà, in termini sostanziali, di civiltà e di immagine. Scrive il grande filosofo della mente Daniel Dennett: “Ogni persona normale di questa specie si crea un sé. Con il proprio cervello, imbastisce una rete di parole e azioni e, come altri animali, non sa necessariamente quel che fa; si limita a farlo […..] Le nostre storie sono imbastite, ma per la gran parte non siamo noi a imbastirle; sono loro che imbastiscono noi”. (in Coscienza. Che cos’è?, Laterza 2009). Le nostre storie ci imbastiscono, appunto, e diventiamo di fatto quello che riusciamo a narrare di noi con le nostre azioni concrete. Marco Boato ha detto al Corriere del Trentino che le minoranze che praticano l’ostruzionismo su questi temi “dovrebbero coprirsi di vergogna perché quanto successo sancisce la prevalenza del maschilismo sul piano istituzionale”. Il fatto è che per questa via a essere coperto di vergogna è un intero sistema sociale, per quanto ci si possa dissociare da quello che accade. Stonano per incoerenza, alla luce di questo spettacolo indecoroso, persino i bandi progettuali sull’educazione per la trasformazione degli stereotipi di genere per la scuola. Da un lato si mantengono salde le posizioni consolidate e inique di potere, dall’altro si promuovono azioni educative che dovrebbero affrontare i problemi della disuguaglianza e dell’emarginazione di genere. Non che l’educazione non sia fondamentale, ma ad essa dovrebbero corrispondere scelte coerenti sul piano delle istituzioni. Allora bisognerebbe chiedersi quale storia di noi stessi narriamo così facendo. Oltre al ruolo vergognoso degli ostruzionisti, questa potrebbe essere l’occasione per una dimostrazione di volontà effettiva di cambiamento. Si potrebbe avere da parte della cosiddetta società civile un conato di reazione, un colpo d’ala, da cui trarre la forza per segnalare che così proprio non va. Abbiamo bisogno di una nuova narrazione di noi, di una storia inedita che ci imbastisca, guardandoci dal futuro e da quello che saremo stati capaci di diventare, come individui, come società, come civiltà.