Lavoro e conoscenza

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


Apprendiamo dal Festival dell’economia che ci sono sempre più patologie correlate al lavoro e nei contesti lavorativi. Patologie fisiche e psichiche. Abbiamo dovuto attendere il Papa per ascoltare delle parole sul lavoro che abbiano un senso e non siano di circostanza. La realtà effettiva attuale però smentisce le parole, e le prassi e gli orientamenti sono ancora più evidenti ed espliciti. L’aspetto che dalle nostre parti, in particolare, si mostra sempre più evidente, riguarda il disinvestimento in tutto quello che riguarda le persone al lavoro e nella centralità delle conoscenze e delle competenze, per poter avere un progetto di avvenire e una strategia. Come sempre non è tanto e solo la situazione critica che conta, ma la reazione che rispetto a quella situazione si è in grado di esprimere: il famoso feed-back. È dalla reazione che si comprendono le disposizioni reali e le capacità disponibili. Insomma, se piove, e piove, ci distinguiamo in quelli che si attrezzano con ombrelli, impermeabili e scarpe anti-pioggia e quelli che continuano come se non piovesse. Il mondo cooperativo trentino, non solo ha trascurato gli investimenti in sviluppo delle professionalità e delle competenze negli anni delle cosiddette vacche grasse, ma ha dismesso ogni forma di azione formativa e di sviluppo professionale nel momento della propria crisi. Eppure la crisi, unitamente ai fattori esterni, è soprattutto una crisi di conoscenze e professionalità evolute. Soprattutto strategiche e gestionali. La tecnica è necessaria ma di certo non basta. Mancano strategie di sistema e professionalità. Manca un impegno approfondito nel mettere a fattore il rapporto tra qualità delle relazioni di lavoro e risultati di gestione. Ma è come parlare con i sordi. Nel turismo c’è chi sostiene, mostrando quale sia il livello della propria capacità di lettura del presente e della propria professionalità, che la coda della domanda degli sciatori è molto più soddisfatta di sciare su una striscia di neve artificiale di quattro metri larga, ottenuta assetando le valli, abbronzandosi al sole e senza il rischio di giorni in cui nevica e non si può sciare. Insomma questo sarebbe il migliore dei mondi possibili, facendo eco a Donald Trump che cancella gli accordi di Parigi e accelera e la crisi ambientale e di vivibilità del pianeta che ci ospita. In agricoltura, il riconoscimento della distinzione di un’agricoltura di montagna per i cui prodotti la domanda cresce, non riesce a creare le premesse per una dismissione delle scelte industrial-padane. Per fare tutto questo ci vorrebbe una considerazione diversa del lavoro e della conoscenza. Ma non se ne vede l’ombra, né chi potrebbe, per ora, guidare un cambiamento che ponga lavoro e conoscenza al centro di un programma di emancipazione degno di tale nome. Attendiamo fiduciosi, con rattristato entusiasmo.