Condivisione?

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


immagineStrana parola, “condivisione”. Inizia con un “con” per proseguire con una “divisione”. Mentre nel significato quotidiano ordinario condivisione sembrerebbe richiamare l’accordo, fin dalla sua struttura, nel concetto appare una contraddizione tra ciò che accomuna e ciò che divide. Condivisione, che da un punto di vista morale si carica immediatamente di significati positivi, fa i conti con il massimo dell’unicità indivisibile che quella comunanza dovrebbe esprimere, l’individuo, l’indivisibile, appunto. Dovremmo riconoscerci come “dividui” portatori di “diventità”, come da diverse fonti di ricerca pare sempre più sostenibile. Approfondire la contraddizione tra individualità e condivisione vuol dire cercare di comprendere il rapporto tra intersoggettività e indifferenza, tra conflitto e cooperazione, tra ospitalità e ostilità, tra conformismo e innovazione. Nella condivisione interviene, pertanto, la lealtà e la voce, la solitudine e la fiducia e l’analisi delle molteplici polarità contraddittorie può evidenziarne la funzione nella socialità umana e nella crisi del legame sociale, oggi. A pensarci bene parlare di condivisione oggi vuol dire considerare la polarità tra il gesto di chinarsi per aiutare uno che ha bisogno per sollevarsi, e un “like” di Facebook, che pure si propone come una delle pratiche di condivisione del nostro tempo. Due situazioni estreme che segnano però le trasformazioni in corso. Se guardiamo all’agone politico locale e a quello nazionale in queste ore e in questi giorni possiamo avere un ritratto abbastanza rilevante della condivisione, delle sue condizioni e delle sue derive. Soprattutto in occasione delle candidature, condivisione è una parola molto usata ma altrettanto molto poco praticata. Sembra in particolare far rima con conflitto, con indifferenza, con antagonismo, con ostilità, con molta poca lealtà e anche con la paura. Principalmente la paura di essere esclusi dai luoghi del potere, dai suoi rituali e dalla visibilità mediatica e pubblica. Chi è escluso dice che ha fatto una scelta, come ne La volpe e l’uva di Fedro. A far riflettere è il fatto che non si nota davvero alcuna differenza tra le grandi città e le più piccole località. In questo senso l’omologazione è pervasiva e le località anche più decentrate risultano una grande periferia. La politica si presenta in modi che generano resistenze e disagi fin dal principio di una campagna elettorale. Le parole si svuotano e saturano allo stesso tempo. La condivisione possibile, che già di per sé non è la finalità o la convinzione che qualcosa finirà bene, ma solo la ricerca continua che una o più relazioni abbiano senso, indipendentemente da come finiranno, si svuota dei suoi significati e ci lascia tutti un poco più soli.