La crisi delle istituzioni scolastiche

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


immagineSi ripetono episodi che mettono in evidenza la progressiva alienazione del rapporto fra istituzioni educative, prima di tutto la scuola, e gli adolescenti e i giovani che le frequentano. Anche a livello locale, seppur a fronte di tentativi di innovare la didattica e qualificare le relazioni di apprendimento, prevale una dimensione standard che si affida solo alla valutazione rituale e non si pone il problema di creare contesti educativi all’altezza del tempo in cui viviamo. In particolare ad essere trascurati sembrano due aspetti. Da un lato la pervasiva dominanza delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione nella costruzione dell’esperienza delle nuove generazioni, che appare del tutto fuori controllo se non subita a livello educativo. Dall’altro strettamente connessa al primo problema, la marginalità e la crisi delle istituzioni educative nella messa a punto del patrimonio di conoscenze ed esperienze degli adolescenti e dei giovani. Naturalmente ciò vale anche per i bambini se si considera la situazione delle scuole elementari, laddove esistono sistemi relazionali più efficaci ma un forte ritardo nell’esigenza di aumentare le menti in rapporto alle trasformazioni in corso nell’informazione e nella comunicazione delle conoscenze e dell’esperienza. Nel frattempo, inseguendo il contingente e le pressioni delle ragioni del mondo del lavoro, le risposte che si forniscono sono orientate a schiacciare sulle cosiddette competenze l’educazione e la formazione, nel tentativo di soddisfare esigenze di breve periodo con capacità immediate e pratiche. Ma a questo deve servire la scuola? Basterebbe consultare la Costituzione per avere la risposta. Non solo lo scopo della scuola è la crescita umana, civile e sociale delle persone, ma rispondere ad esigenze di professionalità oggi non può voler dire attivare automatismi per cui si ritiene che l’unica funzione debba essere la preparazione di capacità pratiche spendibili qui ed ora, se quelle capacità saranno già obsolete domani. Allora perché la scuola si comporta così? A partire dall’ipotesi dell’origine difensiva delle istituzioni e delle organizzazioni umane, la considerazione che viene da fare è che la scuola giochi oggi in difesa, smarrendo la propria funzione di anticipazione e di innovazione sociale e non favorendo più la mobilità sociale, come emerge da un numero sempre più ampio di ricerche. Del resto questa tendenza è in linea con quello che accade nell’intera società, sempre più al traino dell’economia, che ha assunto le caratteristiche di un motore immobile da cui tutto deve dipendere e a cui tutto deve essere ricondotto. Senza considerare che è la conoscenza che fa girare l’economia, se non si vuole essere solo sudditi e consumatori in comunità marginalizzate, e che la conoscenza la esprimono e generano gli esseri umani con una testa ben fatta.