La bellezza che cura

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


Si può davvero sostenere che il rapporto con la bellezza faccia stare meglio le persone? O che addirittura possa avere effetti curativi per un ampio numero di problemi di salute fisica e psichica? Ognuno ha esperienza del piacere e della soddisfazione che si può provare di fronte al bello. Ma da qui a sostenere che la bellezza cura, ne passa. Eppure da un certo tempo la ricerca scientifica sta mostrando l’evidenza di risultati per ora non falsificati sulla rilevanza della bellezza nella valorizzazione delle risorse personali per affrontare diversi tipi di problematiche di salute. Per comprendere meglio il senso di questa affermazione dobbiamo precisare un po’ meglio che cosa intendiamo per bellezza. È del tutto evidente che in questa prospettiva la bellezza non intesa solo come l’aspetto esteriore delle cose, o come la loro dimensione cosmetica. Per bellezza, quando si parla di cura, si fa riferimento a una particolare e profonda forma di risonanza tra persona e mondo e tra persona e altre persone, in grado di favorire l’estensione delle capacità e delle possibilità soggettive in modi e percorsi che senza quella esperienza di bellezza sarebbero impossibili. In altri termini, si sta progressivamente mostrando che l’esperienza in un paesaggio, di una partecipazione a percorsi nella natura, di rapporti con opere d’arte nei musei o nella natura, di ascolto della musica, di lettura di opere letterarie, sono in grado di favorire l’aumento delle capacità individuali di valorizzazione delle risorse soggettive disponibili o residue. Se veniamo da una tradizione che ha ritenuto il bello come oggetto della sola contemplazione, riconoscendo i benefici derivabili a livello di appagamento e soddisfazione del gusto individuale e collettivo, oggi possiamo mostrare una più profonda funzione della bellezza, in diversi campi dell’esperienza e in particolare nelle relazioni di cura, come accade ad esempio nei problemi di Parkinson, nei casi di depressione o di altri disagi mentali, in alcune forme di autismo, in numero elevato di problemi di mobilità, in molteplici processi di riabilitazione. La distinzione che possiamo fare, per quanto impropria, è tra ambiente umano e non umano nella costruzione del benessere, della cura e della riabilitazione. Definiamo impropria la distinzione perché sappiamo oggi con evidenza che ogni ambiente in cui viviamo viene a far parte del nostro mondo interiore, in quanto il nostro sistema mentale non è solo nella nostra testa ma in esso risuona il contesto ambientale in cui nasciamo e viviamo le nostre vite e il tutto si produce nell’intersoggettività con gli altri. Domandandoci perciò quale funzione svolge e può svolgere l’“ambiente non umano” nello sviluppo mentale e nella cura, sono necessarie due premesse indispensabili in forma di domande: sembra proprio che non esista un “ambiente non umano” per un essere umano; l’interno e l’intorno sono circolari e ricorsivi, sono dentro e fuori di noi allo stesso tempo. Così come pare proprio che non esista uno “sviluppo mentale” separato dal corpo in movimento in relazioni agli altri in un contesto. I dualismi con cui abbiamo separato mente e corpo, essere umano e natura, dentro e fuori, introiezione e proiezione, sono sempre meno giustificabili. Forse è solo la nostra mente che ha bisogno di quelle semplificazioni dualistiche per affrontare l’ansia che la complessità del mondo comunque ci procura. È possibile individuare una lunga tradizione che collega gli animali al corpo e alle emozioni, e gli esseri umani alla mente e alla ragione. Eppure oggi evidenziamo sempre più chiaramente come è dal sistema sensori-motorio e dalla modulazione dell’intersoggettività che emergono le emozioni, che noi avvertiamo come sentimenti e che si traducono in azioni e comportamenti, che a loro volta sono ricorsivi con i sistemi emozionali. I sistemi emozionali che sono alla base dei nostri comportamenti possono essere sostenuti nella loro espressione e favorire esiti di estensione e emancipazione individuale, soprattutto in percorsi guidati centrati sulle esperienze estetiche, artistiche e naturali. In queste situazioni sempre più diffuse e riconosciute, mondo interno e mondo esterno si incontrano inaugurando nuovi confini interiori e nuovi accessi a inedite possibilità. Anche perché il paesaggio emerge al punto di connessione tra mondo interno e mondo esterno con la mediazione del principio di immaginazione, e la bellezza emerge da una tensione rinviante tra soggetto/altri/mondo. Proprio su queste questioni, la cui rilevanza cresce e si sviluppa sia a livello di ricerca che di applicazioni, si svolge l’incontro di studio: Vivere in bellezza. Natura, arte e ambiente al servizio della qualità della vita nel mondo delle fragilità e delle demenze, a Borgo Valsugana, il 22 maggio 2018. In quella occasione, tra le altre esperienze di ricerca e applicazione, saranno discusse le attività che si svolgono all’interno di Arte Sella, nel programma Arte Sella Education, che sviluppa tra gli altri il progetto Handling with Care, concentrato sulle strategie e i metodi di cura e promosso dall’Assessorato all’Ambiente della Provincia Autonoma di Trento.