Sguardo dal futuro

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


Predazzo 2039. Tema in classe. Sono nato a Predazzo nel 2029. Venti anni fa, nel decimo anniversario del riconoscimento delle Dolomiti come patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco, a Tresca fu costruito un bacino artificiale con una capienza di sessantamila metri cubi di acqua da utilizzare per l’innevamento artificiale delle piste da sci della zona. A quel tempo moltissima gente andava ancora a sciare, anche se il numero già calava di anno in anno. Mi hanno raccontato che all’epoca tutti si concentrarono sulle conseguenze che il bacino avrebbe avuto sulla bellezza del paesaggio. Pare che costoro fossero rassicurati, dicendo che tanto le mura di contenimento sarebbero scomparse una volta ricoperte di terra , e che si sarebbe visto un bel laghetto. Altri pare che dicessero che si raccoglieva acqua piovana e, quindi, che male c’era. Altri ancora, come la sindaca del nostro paese, dicevano che in fondo era uno dei bacini più piccoli. A far nascere il bacino per l'innevamento fu l'esigenza delle società che gestivano gli impianti da sci di accumulare acqua, perché i cambiamenti climatici, e la mancanza di neve in generale, stavano causando non pochi problemi agli impiantisti che, per preparare le piste in tempi brevi fecero ricorso, anche con finanziamenti pubblici, a soluzioni di questo tipo. Ora che a scuola e a casa abbiamo l’acqua per tre ore al giorno, un’ora la mattina, una a mezzogiorno e una alla sera, ci sembra davvero difficile capire come mai le polemiche di allora riguardarono l’alterazione del paesaggio, certamente importante; come mai non si pensò che stipare l’acqua piovana avrebbe prosciugato rivi e torrenti e poi anche i fiumi; come mai chi governava a livello provinciale e locale non pensò al bene comune e al valore dell’acqua che ora ci manca e non sappiamo come fare. Abbiamo studiato a scuola il collasso dell’isola di Pasqua, dove per costruire totem di pietra la popolazione distrusse tutte le foreste e così l’isola fu abbandonata perché divenuta invivibile. Ora i visitatori che vanno in quel luogo si chiedono che cosa siano quei totem rimasti. Così accade anche da noi, dove guardando le montagne ci chiediamo cosa siano quei piloni arrugginiti che si vedono qua e là lungo le chine delle montagne. Ci raccontano che servivano a portare su e giù quelli che praticavano uno sport, lo sci da discesa, per il quale ci voleva la neve, che prima cadeva copiosa e poi con il riscaldamento climatico aveva smesso di cadere. Ci chiediamo soprattutto come mai fu possibile non rendersi conto che, consumando in quel modo una risorsa preziosa per la vita come l’acqua, avremmo avuto in breve tempo un cambiamento così radicale nelle nostre vite. E non troviamo una spiegazione.